HANS KELSEN: STUDIO SUL DIRITTO INTERNAZIONALE. LA LOTTA AL DUALISMO E L’ANALISI DEL PRIMATO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE.

Hans Kelsen, giurista e filosofo austriaco vissuto a cavallo fra ‘800 e ‘900, è uno dei più noti positivisti a livello internazionale.

Noto soprattutto per la sua teoria sulla Grundnorm (norma fondamentale che attribuisce riconoscimento e validità a tutte le norme giuridiche vigenti in una società), ha portato un importante contributo allo studio del diritto internazionale.

Nel saggio “Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale[1], pubblicato nel 1920[2], Kelsen effettua uno studio sull’ordinamento di diritto internazionale e su come il diritto dei singoli stati debba rapportarsi a questa nuova realtà normativa.

In questa sede si analizzeranno i due aspetti principali che emergono in questa opera, ossia il contrasto fra teoria dualistica e monistica del diritto internazionale[3] e, successivamente, come la prevalenza di quest’ultima teoria comporti l’analisi inerente al primato del diritto internazionale o del diritto statale.

 

SEZIONE 1 – IL FALLIMENTO DELLA TEORIA DUALISTICA. CRITICA ALLE TEORIE DI HEINRICH TRIEPEL E PREFERENZA PER LA TEORIA MONISTICA.

Nel corso del ‘900, vi è stata un’accesa diatriba in dottrina riguardo al rapporto fra i sistemi di norme statale ed internazionale. La maggior parte dei filosofi dell’epoca propendeva verso la teoria dualistica, ossia verso la considerazione del diritto interno e del diritto internazionale come ordinamenti autonomi. Secondo questa teoria, le volontà dei due ordinamenti sono diverse fra loro, così come i rapporti da essi disciplinati; il diritto interno, infatti, regola i rapporti fra soggetti, mentre il diritto internazionale regola i soli rapporti fra Stati.

Kelsen, al fine di giustificare al meglio le sue opinioni, nel corso di tutta l’opera analizza accuratamente le teorie contrarie al suo pensiero, dimostrando come queste, in realtà, portino alla conferma del suo argomentare.

Vedremo ora, quindi, come l’autore analizzi nei minimi dettagli la teoria dualistica, per poi dimostrare come questa rappresenti un fallimento, eleggendo il monismo come teoria corretta nello studio del diritto internazionale.

 

A/ IL DUALISMO SECONDO TRIEPEL E LE RELATIVE CRITICHE MOSSE DA KELSEN

Nei paragrafi dedicati all’analisi della teoria dualistica, Kelsen attacca duramente tutti i suoi colleghi che, durante il XX secolo, hanno sostenuto questa teoria, affermando che diritto statale e diritto internazionale siano due sistemi di norme indipendenti e differenti l’uno dall’altro. Secondo il pensiero kelseniano, infatti, il fatto che diritto internazionale e diritto statale nascano da fonti diverse non implica che questi debbano avere anche differenti oggetti normativi. Con questo ragionamento, in particolare, va contro al pensiero espresso da Triepel nel “Völkerrecht und Landesrecht[4], dove si afferma che «se c’è un diritto internazionale esso deve regolare relazioni diverse da quelle del diritto interno».

Sempre contrastando Triepel, Kelsen afferma che è erronea l’idea che vuole l’ordinamento giuridico internazionale a regolare i soli obblighi e diritti dello Stato rispetto ad altri Stati, mentre l’ordinamento statale deve regolare i soli rapporti dello Stato nei confronti dei suoi sudditi. Secondo l’autore, questa differenziazione nei vincoli è sbagliata in principio, in quanto la natura dei rapporti fra Stati e/o fra Stato e sudditi è umana. Sono azioni umane quelle che costituiscono diritti ed obblighi regolati dal diritto interno, così come sono sempre comportamenti umani quei rapporti che intervengono fra diversi Stati.

Continuando la sua critica verso Triepel, Kelsen analizza la giustificazione che il primo attribuisce alla diversità e all’indipendenza dei due ordinamenti giuridici. Triepel (secondo l’autore) compie qui un passo falso; o meglio, una forzatura abbastanza evidente, per giustificare il suo pensiero. Questo, infatti, afferma che la fonte del diritto statale sia la “volontà dello Stato”. È questa volontà ad essere all’origine della gestione dei rapporti fra Stato e sudditi. Tuttavia, secondo Kelsen, se si esegue un ragionamento per analogia, tale volontà dovrebbe essere anche all’origine del diritto internazionale, che disciplina sempre dei rapporti, anche se fra soggetti diversi. Triepel, invece, afferma che la fonte dell’ordinamento internazionale non è la medesima volontà riferita al diritto interno, ma una “volontà comune”, un accordo di volontà fra Stati che obbliga i rapporti fra una molteplicità di questi. Secondo Kelsen questa teoria non è accettabile, in quanto le volontà in capo ai due diversi ordinamenti giuridici sono, in realtà, la medesima volontà statale. A parer dell’autore, a dire il vero, il pensiero di Triepel non riguarda una teoria dualistica, ma una teoria monistica in cui, a prevalere, è l’ordinamento statale. Tant’è vero che Triepel accetta il principio, sostenuto dalla maggior parte della dottrina monistica, secondo il quale il diritto internazionale debba essere riconosciuto da uno Stato perché possa valere per esso[5][6].

Terminata l’analisi della teoria dualistica, Kelsen inizia l’analisi della teoria monistica, partendo sempre dai pensieri espressi da Triepel, criticandoli.

 

B/ PREDILEZIONE PER LA TEORIA MONISTICA

Kelsen, senza farne alcun segreto, esprime ne “Il problema della sovranità” il suo rifiuto per la teoria dualistica, ritenendo corretta quella monistica, per la quale ordinamento giuridico statale ed internazionale vanno considerati come appartenenti al medesimo sistema[7] di norme.

Prima di vedere quali critiche l’autore muova a Triepel, osserviamo come altri colleghi di Kelsen contestino il monismo nel rapporto fra ordinamento internazionale e statale.

Quasi la totalità dei filosofi contrari alla teoria monistica afferma che, in realtà, non vi è nessun sistema unitario di norme. Ordinamento statale ed internazionale restano distinti ed indipendenti fra loro; al momento del riconoscimento dello Stato di nuova formazione[8], lo Stato agisce per delegazione dell’ordinamento internazionale, non rientrando la richiesta di riconoscimento fra le sue norme. Lo Stato, quindi, è obbligato dal diritto internazionale ad emanare leggi aventi un contenuto particolare, non rientrante nell’ordinamento interno. Trattandosi, sempre per i filosofi dualistici, di delegazione da parte del diritto internazionale, nel caso in cui lo Stato non adempiesse a questo obbligo, creando norme valide nell’ordinamento statale, ma non in quello internazionale, quest’ultimo non potrebbe fare nulla al riguardo. Così come, nel caso in cui una norma di diritto internazionale contrastasse con l’ordinamento interno, questo non subirebbe alcunché, in virtù della separazione e dell’indipendenza dei due ordinamenti.

Come è facile intuire, Kelsen attacca questa posizione presa dai sostenitori della teoria dualistica, affermando che qualunque atto[9], che ponga o meno delle norme, in contrasto rispetto al diritto internazionale, debba essere considerato contrario a quest’ultimo o, a seconda dei casi, nullo, inesistente.

Proseguendo con questa critica, Kelsen riprende la contestazione nei confronti del pensiero triepeliano; il filosofo tedesco sostiene che «le norme di diritto interno possono essere contrarie al diritto internazionale, ma mai che il diritto internazionale possa essere contrario al diritto interno»[10]. Secondo l’autore, Triepel con questa affermazione riconosce indirettamente la superiorità del diritto internazionale rispetto al diritto interno, confermando nuovamente l’idea che, secondo Kelsen, nella teoria dualistica di Triepel si celi, in realtà, un pensiero monistico.

Concludendo il suo discorso in supporto alla teoria monistica, Kelsen afferma che la teoria dualistica non sarebbe a priori impossibile, ma che l’ordinamento giuridico internazionale è nato, si è strutturato e continuerà ad essere concepito come appartenente, insieme all’ordinamento giuridico statale, ad un ordinamento unitario, comprendente entrambi i sistemi di norme.

 

SEZIONE 2 – LA PREMINENZA DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE

Dopo aver stabilito che la teoria monistica è da considerarsi esatta nella considerazione degli ordinamenti giuridici statale ed internazionale, sta a Kelsen giustificare perché, secondo lui, nella concezione monistica il diritto internazionale debba ritenersi in posizione di primato rispetto al diritto statale, e non viceversa.

Adottando lo stesso modus operandi utilizzato per dimostrare la correttezza della teoria monistica, l’autore dapprima analizza il pensiero dei suoi colleghi favorevoli al primato del diritto statale, per poi sostenere la sua tesi in favore del primato del diritto internazionale.

 

A/ INAPPROPRIATEZZA DEL PRIMATO DEL DIRITTO STATALE

Nello studio intrapreso ne “Il problema della sovranità”, l’analisi del contrasto fra primato del diritto statale o internazionale occupa ampiamente il ragionamento seguito dall’autore.

Essendo Kelsen un convinto sostenitore del primato del diritto internazionale, nel criticare coloro che prediligono la preminenza del diritto statale compie un accurato studio delle teorie a questa favorevoli, analizzando diversi autori dalle altrettanto diverse opinioni.

In primis, Kelsen muove una critica nei confronti di Zorn, il quale considera il diritto internazionale come una forma esterna di diritto statale. Per Zorn questo è, infatti, «conseguenza che […] viene tratta nella teoria del riconoscimento, accettata da tutta la teoria del diritto internazionale, a partire dallo stesso presupposto […] di un primato dell’ordinamento giuridico statale»[11].

Questo ragionamento, per il filosofo austriaco, costituisce una forma di evidente negazione del diritto internazionale, con relativa personificazione nel singolo Stato dell’ordinamento giuridico sovrano[12].

Dopo il rifiuto del pensiero espresso da Zorn, Kelsen sposta le sue critiche verso Jellinek. Anche per questo filosofo, il diritto internazionale sarebbe una forma esterna dell’ordinamento giuridico statale[13]; lo si evince dalla seguente affermazione: «le norme del diritto internazionale non sono il prodotto di un potere superiore agli stati che semmai gliele imporrebbe, ma scaturisce formalmente dalla stessa fonte di ogni diritto oggettivo: dalla volontà dello stato che pone diritto»[14]. Da qui, oltre alla teoria del diritto internazionale come diritto statale esterno, emerge anche la teoria della auto-obbligazione, sostenuta da molti filosofi a favore del primato del diritto statale[15]. Secondo questa teoria, «lo Stato può limitare la sua volontà rispetto ad altri Stati ed accettare volontariamente obblighi internazionali attraverso un libero atto di autolimitazione della propria sovranità»[16]. Questa insistenza nel dimostrare che lo Stato obbedisce solo a sé stesso, anche in ambito internazionale, costituisce per Kelsen una contraddizione in termini, comportando questa teoria il riconoscimento di un unico ordinamento giuridico, quello statale (e non anche quello internazionale).

L’attribuzione del primato all’ordinamento statale rappresenta, per Kelsen, sia una contraddizione, sia una forma di regressione alla teoria dualistica (specialmente per quanto riguarda la considerazione del diritto internazionale come diritto statale esterno).

Analizziamo ora perché, secondo l’autore, è più appropriato attribuire il primato all’ordinamento giuridico internazionale.

 

B/ IL PRIMATO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE

«Quando si sottolinea l'oggettività del diritto internazionale rispetto allo Stato e si dice che la validità di tutte o di certe sue norme sono indipendenti dalla volontà dello Stato (obbligato), non si dice altro che il diritto internazionale ha una fonte diversa dalla fonte speciale dell'ordinamento giuridico del singolo Stato; che il suo rapporto con l'ordinamento giuridico dello Stato particolare, proprio per la possibilità di una obbligazione internazionale dello Stato, […] può essere solo quello della sovra-ordinazione. Affermando una validità oggettiva del diritto internazionale rispetto allo Stato, ci si pone dal punto di vista di un primato del diritto internazionale»[17]. Con questa affermazione Kelsen introduce la sua teoria a favore del primato del diritto internazionale.

In contrasto con il pensiero dell’autore troviamo la teoria dell’istanza di riconoscimento dello Stato di nuova formazione[18]. Kelsen si trova in disaccordo al riguardo, in quanto interpreta tale teoria come espressione di una volontà dell'ordinamento giuridico statale, messo in una posizione di primato rispetto al diritto internazionale. Tuttavia, l’autore ammette che l'istanza di riconoscimento sia un mezzo di tutela per gli Stati preesistenti ed una necessità logico-giuridica per permettere a tutti gli Stati di "accettare" l'ingresso del nuovo Stato nel diritto internazionale.

Concludendo, ci si è domandati se il riconoscimento dello Stato di nuova formazione debba avere carattere costitutivo o declaratorio; Kelsen, come la maggior parte dei suoi colleghi, propende per questa seconda ipotesi, poiché la prima confermerebbe il primato del diritto statale.

 

CONCLUSIONI

Contrariamente da quanto auspicato da Kelsen, pur quando si riconosce il primato dell’ordinamento internazionale in una concezione monistica, resta comunque il dogma della sovranità dei singoli stati[19].

L’autore auspica un completo superamento del concetto di sovranità[20], il quale permetterebbe lo svilupparsi di uno «stato universale come organizzazione universale»[21], una civitas maxima in cui tutti gli ordinamenti siano armonizzati fra loro al fine di favorire questa evoluzione della comunità giuridica internazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Hans Kelsen, Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale, Giuffrè, 1989.
  • AA.VV., Kelsen e il problema della sovranità, Edizioni Scientifiche Italiane, 1990.

 

 

[1] Da qui in poi, “Il problema della sovranità”.

[2] La versione italiana, invece, verrà pubblicata da Giuffrè nel 1989.

[3] Con particolare riferimento alle critiche che Kelsen muove nei confronti del pensiero espresso da Heinrich Triepel.

[4] Heinrich Triepel, Völkerrecht und Landesrecht, 1899.

[5] Sempre all’interno del “Völkerrecht und Landesrecht”.

[6] Secondo la teoria monistica, appunto, uno Stato di nuova formazione deve formulare una richiesta di riconoscimento per poter essere sottoposto al diritto internazionale, al pari degli Stati preesistenti, v. infra.

[7] (unitario).

[8] Che, come abbiamo detto, è uno dei principi fondamentali del monismo.

[9] trattandosi, appunto, di ordinamenti giuridici appartenenti ad un medesimo sistema di norme e, nel caso del pensiero kelseniano, essendo il diritto internazionale in una posizione di primato, v. infra.

[10] Hans Kelsen (su Triepel), Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale, Giuffrè, 1989.

[11] Hans Kelsen (riportando Philipp Zorn), Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale, Giuffrè, 1989.

[12] (quello statale).

[13] Georg Jellinek, Die rechtliche Natur des Staatenverträge, 1880.

[14] Georg Jellinek, Die rechtliche Natur des Staatenverträge, 1880.

[15] Fra i quali Zorn, Verdross, Jellinek e Nippold.

[16] Carlo Curti Gialdino, Riccardo Monaco, Manuale di diritto internazionale pubblico - Parte generale, Utet Giuridica, 2009.

[17] Hans Kelsen, Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale, Giuffrè, 1989.

[18] Riportata, nell’opera in esame, da Schoen, ma condivisa da diversi filosofi di allora.

[19] Teoria del riconoscimento, v. supra.

[20] Attraverso la completa rimozione dello stesso.

[21] Hans Kelsen, Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale, Giuffrè, 1989.