I diritti fondamentali nella teoria di Luigi Ferrajoli

Accademico di fama internazionale e allievo di Norberto Bobbio,  Luigi Ferrajoli si pone come una delle voci più autorevoli nel panorama della filosofia del diritto italiana.
La sua opera “Diritti fondamentali. Un dibattito teorico”  [i] affronta il problema dei diritti fondamentali sia dal punto di vista del giurista, sia da quello del filosofo.
Avvalorato o confutato dagli interventi di altri importanti accademici italiani, Ferrajoli si pone una domanda semplice, quanto di complicatissima analisi: che cosa sono i diritti fondamentali e come si fondano? Con grande rigore, dedizione e chiarezza d’idee, l’autore prova a fare luce sulla questione.

 

1.Una teoria schematica e rigorosa

Mentre spesso viene lasciato al lettore il compito di plasmare una definizione, già dalle prime righe del libro si delineano i confini precisi di ciò che l’autore intende per diritti fondamentali.

 

A.     Una definizione teorica di diritti fondamentali

La definizione proposta da Ferrajoli è caratterizzata, come lui stesso sottolinea, dall’essere puramente teorica, ossia slegata da qualsiasi norma positiva che la legittimi; l’autore non parte dagli ordinamenti esistenti o dalle Carte Costituzionali per trarne una definizione, ma al contrario ne propone una senza porsi il problema di un suo riscontro in un ordinamento positivo.
Il risultato è che “Sono 'diritti fondamentali' tutti quei diritti soggettivi che spettano universalmente a 'tutti' gli esseri umani in quanto dotati dello status di persone, o di cittadini o di persone capaci d'agire; inteso per 'diritto soggettivo' qualunque aspettativa positiva (a prestazioni) o negativa (a non lesioni) ascritta ad un soggetto da una norma giuridica, e per 'status' la condizione di un soggetto prevista anch'essa da una norma giuridica positiva quale presupposto della sua idoneità ad essere titolare di situazioni giuridiche e/o autore degli atti che ne sono esercizio"[ii].
La prima importante riflessione proposta dall’autore in merito alla sua stessa definizione riguarda l’avverbio “universalmente”, il quale rimanda a due considerazioni differenti:
La prima, come scrive lo stesso Ferrajoli, è che la sua è una definizione “formale o strutturale, nel senso che prescinde dalla natura degli interessi e dei bisogni tutelati con il loro riconoscimento quali diritti fondamentali, e si basa unicamente sul carattere universale della loro imputazione: inteso 'universale' nel senso puramente logico e avalutativo della quantificazione universale della classe dei soggetti che ne sono titolari[iii]. Universale, spiega, contiene in sé la caratteristica di inalienabile e indisponibile; un diritto cesserebbe di essere universale qualora potesse essere alienabile, poiché potenzialmente non universale. Lo status di diritto fondamentale dipende non tanto da una valutazione di contenuto, rispetto alla sua importanza etica o ai valori di cui si pone a tutela, quanto piuttosto dalla sua mera estensione quantitativamente universale all’interno di una categoria.
E proprio qui sta la seconda considerazione rispetto all’universalità. Ella infatti non ricomprende necessariamente tutti gli esseri umani, bensì l’universalità delle persone che compongono una determinata categoria a cui questi diritti si ascrivono. Tali categorie sono appunto la persona, il cittadino e il capace di agire. Cittadinanza e capacità di agire rappresentano secondo Ferrajoli gli unici limiti all’uguaglianza di diritti per tutti gli esseri umani, sancita dalle Dichiarazioni del 1789[iv] e del 1948[v].
A seconda che un diritto spetti a tutti, ai soli cittadini o ai soli capaci di agire, rientrerà nella classe dei diritti umani, ossia i diritti ascritti a tutti gli esseri umani in ragione unicamente della loro appartenenza all’umanità; dei diritti pubblici, come il diritto di residenza, di riunione o associazione, riservati ai soli cittadini; dei diritti civili, spettanti ai soli capaci di agire, come la libertà contrattuale; e infine dei diritti politici, che richiedono di essere contemporaneamente cittadini e capaci di agire, primo fra tutti il diritto di voto.
Tali diritti non perdono il loro carattere di fondamentali perché riservati ad una sola categoria, a patto che all’interno della categoria stessa, la loro diffusione sia universale.

 

B.     Considerazioni ispirate alla definizione: diritti patrimoniali, cittadinanza e garanzie

Dalla definizione di diritti fondamentali derivano alcune tesi fondanti della filosofia giuridica dell’autore, che ritornano a più riprese nell’opera.
Innanzitutto Ferrajoli postula una sostanziale differenza tra diritti fondamentali e diritti patrimoniali, ponendosi già in aperta contraddizione con le teorie giusnaturalistiche sullo Stato di Natura così come con la Dichiarazione del 1789, poiché entrambe annoverano la proprietà tra i diritti fondamentali. L’autore sottolinea che mentre i diritti fondamentali sono universali, indisponibili e inalienabili, conferiti ex lege e governati da rapporti di tipo pubblicistico, i diritti patrimoniali sono per definizione “singolari”, ossia legati ad un proprietario determinato con esclusione di tutti gli altri, disponibili e alienabili, conferiti da atti singoli e retti da rapporti di tipo civilistico. Ciononostante, come sintetizza perfettamente Danilo Zolo in un commento, questa presa di posizione si risolve semplicemente nel fatto che Ferrajoli rimprovera ai giusnaturalisti di non aver scisso il diritto di diventare proprietari e di disporre di beni di proprietà, i quali anche Ferrajoli ritiene essere diritti fondamentali, dai diritti di proprietà per cui ciascuno è titolare sui propri beni.
Secondariamente, Ferrajoli contrappone i diritti fondamentali al concetto di cittadinanza. Con la nascita delle Carte e Convenzioni internazionali, in particolare dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, abbiamo assistito ad una progressiva internazionalizzazione dei diritti fondamentali. Ferrajoli invoca un superamento definitivo del concetto di cittadinanza, per cui tali diritti non possono più essere appannaggio di una sovranità statale, perché l’esistenza stessa di diritti fondamentali concessi sulla base dell’appartenenza a un’entità statale rende fallimentare il paradigma di inclusione che le Carte internazionali portano avanti. In uno dei suoi passaggi più severi e concreti, Ferrajoli prende ad esempio il tema dell’immigrazione e della concessione del diritto di asilo che incarna perfettamente il limite statalistico dei diritti fondamentali.
Da ultimo, l’autore si concentra su quello che è un punto cruciale della sua teoria: la relazione tra diritti fondamentali e garanzie. Ferrajoli confuta la teoria di Kelsen secondo la quale un diritto non garantito non è un diritto e un diritto soggettivo si identifica con la sua protezione giuridica. A supporto della sua tesi Ferrajoli sostiene invece che in un sistema di diritto positivo è possibile, anzi quasi inevitabile, che esistano antinomie e contraddizioni tra le norme, ma non per questo il diritto soggettivo cessa di esistere; semplicemente l’introduzione di un diritto non debitamente garantito produce nell’ordinamento una lacuna che il legislatore è chiamato a colmare, ma senza che questo infici la possibilità del diritto di sopravvivere. Una teoria piuttosto interessante, che muove da premesse condivisibili per giungere a conclusioni che prestano il fianco a qualche critica. Al di là delle lacune più o meno colmabili presenti nell’ordinamento, un diritto soggettivo vive perché potrebbe trovare un suo fondamento non tanto o non solo nelle leggi, ma anche nelle norme che scaturiscono naturalmente dalle comunità. Ogni regola di cui si dota, anche spontaneamente, uno Stato inteso come comunità di persone che abitano uno stesso territorio ha valore normativo, indipendentemente dall’esistenza di una sanzione che ne vincoli il rispetto. Le garanzie effettive sono da perseguire senza sosta, ma non perché la loro mancanza comporti un’inesistenza dei diritti, e ancora la mancanza di sanzioni non costituisce per forza una lacuna dell’ordinamento, quanto piuttosto la conseguenza pratica di minor garanzia effettiva di un diritto che vive e sopravvive al pari di quelli legislativamente protetti.

 

 

2.Diritti fondamentali: alla ricerca di un fondamento

Ferrajoli, dopo essersi concentrato cosa sono i diritti fondamentali, compie un’analisi accurata rispetto alla loro provenienza. Mentre Bobbio nel suo “L’età dei diritti”[vi] liquida il problema sostenendo che la loro espressione nelle Carte e Dichiarazioni internazionali ne fonda già la legittimità, Ferrajoli si spinge in una ricerca più approfondita.

 

A.     Fondamento giuridico: il paradigma del costituzionalismo

Le conclusioni a cui giunge Ferrajoli gli permettono di mettere a fuoco un nuovo modello di diritto che lui definisce costituzionalismo.
Ferrajoli prende le mosse dall’idea di legalità formale, propria del diritto moderno, in virtù della quale una legge è valida indipendentemente dalla sua giustizia o opportunità, ma solo per il “fatto di essere posta da un’autorità competente nelle forme previste per la sua produzione[vii].
Il costituzionalismo invece segna un passaggio verso una forma di legalità sostanziale, grazie alla quale anche la legge stessa è vincolata al rispetto dei principi fondamentali espressi dalle Costituzioni.
La Costituzione, in tutti gli ordinamenti fulcro dell’espressione dei diritti inviolabili, funge quindi da limite alla validità delle leggi, le quali non basta più che siano formalmente valide, ma devono essere anche sostanzialmente conformi a quanto espresso dalle Costituzioni.
Si crea in questo modo una gerarchia delle norme statali, per cui non è più la legge ad essere sovrana, ma piuttosto i principi espressi nelle Costituzioni, ai quali la legge deve necessariamente sottostare.
Secondo l’autore questo mutamento si produce a seguito della Seconda Guerra Mondiale, con la quale ci si rende conto della necessità di proteggersi contro gli abusi di una legge a cui nulla aveva impedito le derive totalitarie. Ferrajoli dice che “si riscopre perciò il significato di Costituzione come limite e vincolo ai pubblici poteri”. Non a caso le principali Costituzioni europee nascono tutte dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Inoltre, con la Seconda Guerra Mondiale il costituzionalismo si avvia già verso una internazionalizzazione, di cui la Dichiarazione Universale ONU del 1948 è l’esempio lampante. Ferrajoli riflette sull’idea di un costituzionalismo mondiale, ossia di una sola Costituzione che leghi tutti gli Stati, idonea a garantire i diritti di tutti gli esseri umani a prescindere dall’appartenenza statale e ne conclude amaramente che si tratta di un’utopia “a causa degli interessi politici ed economici che ad essa si oppongono e che sono evidentemente quelli dei paesi più ricchi e potenti e che ben potrebbero realizzarla se solo lo volessero”.[viii] Questo nuovo concetto di Costituzione universale va chiaramente di pari passo con un superamento dell’idea stessa di cittadinanza come criterio di attribuzione dei diritti.
Una teoria che pare convincente, soprattutto se calata nel mondo di oggi, dove le frontiere statali sono sempre meno confini, limiti. Da Shenghen alle compagnie low cost, passando per internet e il mercato globale, il concetto di appartenenza statale e di cittadinanza diventa talmente labile da non poter più essere posto a base per l’assegnazione di diritti.
Tuttavia Zolo muove una critica molto pertinente, e di nuovo ancora attuale: un costituzionalismo mondiale trova un ostacolo di difficile superamento nella mancanza di istituzioni internazionali previste per prendersi cura di una Costituzione universale, ma anche nella mancanza di un senso di civiltà globale che vada al di là delle profondissime e – forse pensa Zolo – invalicabili differenze di vario ordine che esistono tra le popolazioni. Insomma, la storia si ripete: pur con un sempre crescente livello di globalizzazione, non tutte le cittadinanze valgono allo stesso modo. Al contrario diventano uno status di cui si fa fatica a privarsi, con la paura che un costituzionalismo davvero mondiale potrebbe voler dire dover rinunciare a qualche privilegio.

 

B.     Fondamento filosofico-politico: Considerazioni assiologiche

Alla luce di quanto detto finora è dunque possibile tracciare i confini del fondamento giuridico dei diritti fondamentali, ossia quei diritti espressi in norme costituzionali afferiti universalmente a tutti in quanto persone, cittadini o capaci d’agire. La riflessione di Ferrajoli si completa però di un’ulteriore ricerca su quello che lui individua come il vero problema filosofico-politico dei diritti fondamentali: qual è il fondamento assiologico di tali diritti?
L’autore individua di nuovo quattro criteri assiologici che ci possono indicare di che dobbiamo parlare quando parliamo di diritti fondamentali. Questi quattro criteri, che consistono in relazioni strumentali, determinano le istanze etico-politiche alla base dei diritti fondamentali.
Il primo nesso riprende il legame tra diritti fondamentali e uguaglianza giuridica, concetto espresso chiaramente già dalla DDHC e dall’art. 1 della Dichiarazione del 1948. I diritti fondamentali sono allora in primo luogo quelli che assicurano pari valori e pari dignità a tutti gli esseri umani, indipendentemente da criteri secondari quali la cittadinanza.
Il secondo criterio lega i diritti fondamentali alla democrazia, poiché dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, i diritti fondamentali di rango costituzionale costituiscono un limite alla legge intesa anche come espressione della democrazia: il potere del popolo non è più assoluto, ma è vincolato al rispetto dei diritti fondamentali costituzionalmente espressi. Secondo l’autore, i diritti fondamentali sono posti a fondamento della cosiddetta democrazia sostanziale: essi non sono disponibili neanche per la maggioranza, in quanto sovraordinati all’esistenza stessa di uno Stato, e non posti dal potere a limitazione di se stesso, come sostenuto da altri autori quali Gerber e Santi Romano.
Terzo criterio riguarda la pace e l’autodeterminazione dei popoli. L’autore riprende Hobbes per spiegare come la pace, che scaturisce dal superamento dello stato di natura caratterizzato dalla guerra, sia un requisito indispensabile per garantire il diritto alla vita e, viceversa, il rispetto del diritto alla vita sia indispensabile a garantire la pace. Una interazione profonda tra pace e diritti fondamentali implica che nessun diritto può essere tutelato mediante la guerra e il ricorso alla violenza.
Ultimo criterio di identificazione assiologica dei diritti fondamentali riguarda la tutela del più debole. I diritti fondamentali nascono per scardinare la legge, di nuovo propria dello stato di natura, dell’arbitrio del più forte sul più debole. Fondamentale è allora ogni diritto che tuteli i più deboli davanti alla prepotenza dei forti: di nuovo, i diritti fondamentali non possono essere diretta espressione della maggioranza, forte per definizione, poiché anzi, sono propriamente rivolti contro di essa.
I diritti fondamentali in definitiva non sempre e non necessariamente raccolgono il consenso della maggioranza del popolo, ma scappano persino al gioco democratico: intoccabili dal potere sovrano del popolo, poiché posti a garanzia della pace e dell’uguaglianza, en droits

Conclusione

Oggi la sfida alla democrazia è quella generata da un lato dal vecchio assolutismo delle sovranità esterne degli Stati, dall’altro dal neoassolutismo dei grandi poteri economici e finanziari transnazionali[ix]. Una democrazia che oggi voglia continuare a definirsi tale non potrà più ignorare la necessità di tendere verso un costituzionalismo mondiale. Un diritto internazionale sempre più foriero di garanzie effettive, così come un limite ai poteri economici e privati che più volte nella nostra epoca sono diventati i veri centri decisionali. Questi i requisiti necessari per assicurare un futuro ai diritti fondamentali e alla democrazia costituzionale, al fine di impedire – o meglio mettere fine a – “un futuro di guerre, violenze, devastazioni umane e ambientali, fondamentalismi e conflitti interetnici sullo sfondo di una crescente disuguaglianza e ingiustizia[x].

 

 

BIBLIOGRAFIA

FERRAJOLI, Luigi “Diritti fondamentali, un dibattito teorico”, Ed. Laterza, 2001, p. 370.
Con interventi di:
GUASTINI, Riccardo “Tre problemi di definizione”, p.43
ZOLO, Danilo “Libertà, proprietà ed eguaglianza nella teoria dei diritti fondamentali”, p. 49
JORI, Mario “Aporie e problemi nella teoria dei diritti fondamentali”, p.77
VITALE, Ermanno “Teoria generale del diritto o fondazione dell’ottima repubblica?”, p.108
PINTORE, Anna “Diritti insaziabili”, p.179
BACCELLI, Luca “Diritti senza fondamento”, p. 201
VITALE, Ermanno “Sulla fondazione dei diritti fondamentali”, p.217
BOVERO, Michelangelo “Diritti e democrazia costituzionale”, p.235
BONANTE, Luigi “Internazionalizzare la democrazia dei diritti umani”, p.261

BOBBIO, Norberto “L’Età dei diritti”, Ed. Einaudi, 1997, p. 266.

 

[i] FERRAJOLI, Luigi, “Diritti fondamentali” Ed. Laterza, 2001, pp. 370

[ii] L. Ferrajoli “Diritti fondamentali”. Pag. 5

[iii] Ibid.  Pag. 6

[iv] Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, 1789, Art. 1: « Les hommes naissent et demeurent libres et égaux en droits ».

[v] Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1948, Art. 1: « Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti».

[vi] BOBBIO, Norberto “L’Età dei diritti”, Ed. Einaudi, 1997, pp. 266

[vii] L. Ferrajoli “Diritti fondamentali”. Pag. 33

[viii] Ibid. Pag. 316

[ix] Ibid. Pag. 347

[x] Ibid. Pag. 353