Scheda di lettura dell'opera di Stefano Rodotà "Il diritto di avere diritti"

 

 

PARTE 1. INTRODUZIONE ALL'OPERA

Stefano Rodotà giurista engagé e il suo manifesto per una costituzione infinita.

 

Se un tempo il mugnaio di Sans-Souci poteva far sentire la sua voce al prepotente sovrano ricordando i giudici che sedevano a Berlino, oggi chi è il sovrano e dove sono i giudici? I “diritti senza terra”i dove possono trovare ancoraggio e garanzia? Nello spazio globale assistiamo ad una riscrittura dei diritti che “si dilatano e scompaiono, si moltiplicano e si impoveriscono, redistribuiscono poteri e subiscono soggezioni”ii in un catalogo in continua evoluzione. Si apre cosi il “mondo nuovo dei diritti”. Un mondo attraversato da conflitti e contraddizioni, da riconoscimenti e negazioni che testimoniano il passaggio dalla “lotta per il diritto” alla “lotta per i diritti”iii.

Il manifesto di Stefano Rodotàiv parte da questa dichiarazione di intenti chiaramente neocostituzionalista per tirare le fila della sua riflessione intellettuale.

Siamo di fronte, secondo Rodotà, ad una ininterrotta dichiarazione di diritti che trae la sua forza non da una qualche formalizzazione o da un riconoscimento dall'alto, ma da un' inedita connessione tra l'astrazione dei diritti e la concretezza dei bisogni che mette all'opera una pluralità di soggetti tra loro connessi da reti planetarie, una “operosa molteplicità” che si attiva per non cedere alla subordinazionev. In conseguenza di questo “vitalismo sociale”vi occorre chiedersi quale sia il ruolo della regola giuridica ai tempi della globalizzazione. Da chi viene prodotta? Quale effettività, e soprattutto quale giustiziabilità garantisce a questi nuovi diritti senza ancoraggio?

Ebbene, l'opera in questione contiene nel suo titolo “la norma fondamentale” di questo irrequieto interrogarsi. “Il diritto di avere diritti” rappresenta un manifesto per un nuovo costituzionalismo, per una “riconcettualizzazione dell'universalità”vii basata sull'attitudine dei diritti fondamentali a creare “un codice di comunicazione” che faccia parlare lo stesso linguaggio a persone lontane in un mondo globalizzato, innestando nella mente del cittadino globale “il dovere di farli valere”viii.

Solo così, seguendo il doppio filo che lega la globalizzazione ai diritti fondamentali, si può giungere ad una lotta efficace e ad una tutela effettiva e rafforzata di questi ultimi, al fine di attuare una “globalizzazione attraverso i diritti”ix.

Ecco allora che l'opera si divide in tre parti di cui la prima ingloba le altre. La narrazione dei diritti (prima parte) inizia dalla centralità della persona (seconda parte) per giungere alla problematica della macchina (terza parte).

Diversi “fattori demolitori della sovranità”x ci conducono a decretare “l'elogio funebre di uno ius publicum europaeum come costruzione dello Stato moderno e dei suoi attributi sovrani”xi, mentre “nuove rivoluzioni” ci costringono a guardare a vecchie metafore, come quella del mare, per comprendere un nuovo spazio pubblico globale come quello di internet.

Nel testo ragionamento giuridico e narrazione si intrecciano attraverso una continua riflessione su, e attraverso, i confini che devono essere oltrepassati e rimodellati, sui confini della dimensione giuridica e su quelli della dimensione economica, sui confini dell'umano e del cittadino.

Insomma, i diritti fondamentali, a parere di Rodotà, devono indicare la direzione di quella che Bobbio chiamava “l'età dei diritti” affinché, citando Dworkin i diritti siano “presi sul serio”, consapevoli che nell' interminato processo di bilanciamento degli interessi in gioco i valori “tiranni” devono cedere di fronte al primato dei diritti della persona.

 

 

PARTE 2. RIASSUNTO DELL'OPERA

 

A - Assiologia dei diritti fondamentali e carte costituzionali. Un excursus sul modello istituzionale europeo: dalla costituzionalizzazione della persona al costituzionalismo dei bisogni.

 

Riprendendo una frase di Habermas, Rodotà afferma nell'opera che “l'Europa deve essere ridemocratizzata”. Il sistema costituzionale europeo rappresenta certo un' avanguardia in questo senso, essendo un sistema in cui la costruzione molecolare dal basso di una rete dei diritti sta cercando di realizzare una tessitura giuridica che possa offrire a tutti la possibilità di essere riconosciuti come cittadinixii.

I diritti, tutti i diritti, contribuiscono a definire un'assiologia, individuano non valori tiranni, ma principi definiti attraverso processi storici che trovano nella costituzionalizzazione il loro esito. Tali principi, con le loro aperture ai diritti dell'uomo e ai grandi principi della giustizia, costituiscono “il massimo atto d'orgoglio del diritto positivo, in quanto costituiscono il tentativo di positivizzare quel che, per secoli, si era considerato appannaggio del diritto naturale”xiii.

Diritti fondamentali come principi supremi secondo una posizione coerentistaxiv e monista ma di certo non irenista, in cui l'ordinamento giuridico è ispirato da un unico valore fondamentale: il diritto di tutti i cittadini ad essere trattati con uguale dignità e rispetto. Da qui deriverebbero tutti gli altri diritti, anche, e soprattutto, quelli socialixv. Nel testo, il conflitto tra “indivisibilità” e “insaziabilità” dei diritti viene risolto a favore della prima visione; tale scelta poi viene legata a quella più generale, resa manifesta dall'assiologia e dalla sistematica della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, di porre la persona al centro della sua azione. Si assiste così all'allontanarsi dall'astrazione del soggetto grazie a un processo di “deformalizzazione” che pone la Carta in sintonia con le dinamiche del più recente costituzionalismo, quel costituzionalismo dei bisogni, della vita materiale, che connota ormai le carte costituzionali più recenti, che spingono il loro sguardo proprio verso il concreto vissuto delle personexvi. Non assume rilevanza solo il riconoscimento formale dei diritti, ma l'avvio di un processo istituzionale e sociale necessario per la loro attuazionexvii.

È per tale motivo che si parla di “costituzionalizzare la persona” oltre l'egemonia dei mercati, di far approdare i bisogni reali all'interno delle carte costituzionalixviii. É nato un altro luogo, una nuova idea di confine è emersa, e nascono nuove forme di garanzia dei diritti “globalizzati”. Con la Carta viene compiuta una precisa operazione di politica del diritto che può essere cosi scomposta: abbandono della distinzione dei diritti “per generazioni”; successiva affermazione dell'indivisibilità dei diritti; passaggio dal soggetto astratto alla persona situata nel contesto caratterizzato dalle condizioni concrete della sua esistenza; accento posto non sulla democrazia puramente procedurale, ma sulle pre-condizioni necessarie per un effettivo processo democraticoxix.

 

B - Globalizzazione, legislazione e giurisdizione.

Per una redistribuzione dei poteri: dalla judicial review alla judicial legislation.

 

La deformalizzazione della dimensione politico-istituzionale ci conduce così al di là della democrazia soltanto procedurale. La ragione politico-rappresentativa si scontra con la ragione ermeneuticaxx. La questione della democrazia si intreccia con quella delle libertà e dei diritti fondamentali. I diritti, con il loro carattere “fondamentale” contro la democrazia e il principio della sovranità popolare dunque? Come reagire alla insaziabilità di diritti che per la loro effettività stravolgono gli equilibri dello Stato di diritto legislativo?xxi Il nodo deve essere sciolto cogliendo il passaggio decisivo dallo “Stato di diritto” allo “Stato dei diritti”xxii. Siamo ormai di fronte ad una nuova geografia dei diritti che pone la base per una ridefinizione, e soprattutto una redistribuzione, dei poteri all'interno dello Stato Costituzionale contemporaneo. Se da una parte infatti la crisi delle classiche “istituzioni della normazione”xxiii ha messo sempre più in risalto la “normatività” della comunità degli affari, occorre allora ripensare i poteri costituzionali per evitare che “il mistero della governance”xxiv e la nuova extrastatualità delle regole private prenda il sopravvento. La proposta del professore cosentino è quella di una “rinnovata alleanza”xxv tra legislazione e giurisdizione, che dovrà poi proiettarsi nelle carte costituzionali regionali, di cui abbiamo visto la Carta di Nizza rappresentare un esempio riuscito, allargando così quello che, citando Dworkin, possiamo definire “l'impero del diritto”. La forza della politica e del legislatore deve tornare ad essere la capacità di disegnare il quadro dei principi all'interno del quale altri soggetti, i giudici in primo luogo, possano essere in grado di operare legittimamentexxvi.

La stessa Carta , infatti, tra il 2000, anno della sua proclamazione a Nizza, e il 2009 anno del riconoscimento del suo pieno valore giuridico, è stata intensamente usata da corti nazionali e internazionali, che le hanno attribuito una validità sostanziale in attesa di quella formale, così che si poteva dire che “nel silenzio e nell'incomprensione della politica sono i giudici che fanno l'Europa”xxvii. Questa è una notazione che mette in evidenza la necessità di guardare al diritto e alla sua applicazione al di là dei tradizionali schemi formali e fa emergere il ruolo della “Global community of Courts”xxviii nella costruzione della dimensione globale dei diritti, in un contesto per molti versi connotato dall'abbandono obbligato della sovranità nazionale e dall'occupazione dello spazio globale da parte dei nuovi sovrani, incarnati dal sistema transnazionale delle imprese. Insomma, il nuovo ordine della globalizzazione, il nuovo “diritto naturale”, quello economico, impone di ridare il giusto peso alle “istituzioni del rispetto e dell'attuazione”xxix.

La questione centrale può essere riassunta facendo riferimento a quello che è stato definito il passaggio dalla “judicial review” alla “judicial legislation” dal controllo di costituzionalità alla creazione giurisprudenziale della norma, dove il perimetro di ciò che è decidibile da parte del giudice viene individuato nell'interpretazione costituzionalmente orientataxxx.

 

C - Schiavitù del giusnaturalismo e sfera dell'indecidibile. Contro il riduzionismo e l'astrazione occorre mimare la realtà: la nascita dei “nuovi diritti”.

 

Una volta individuate le condizioni per un efficace narrazione dei diritti occorre passare al contenuto stesso della narrazione e porre al centro dell'attenzione il processo che consente il concreto emergere dei nuovi diritti.

Nella seconda e terza parte dell'opera lo sguardo dell'autore si sposta sulla storicità dei diritti e sulle operazioni, giuridiche e non, che ne consentono il riconoscimento, posto che occorre ormai essere consapevoli di una ritirata obbligata di tutte quelle visioni per le quali “il rispetto della natura […] debba costituire un limite invalicabile all'espansione dei diritti”xxxi. Natura e storia tornano a contrapporsi in un conflitto che assume i tratti di uno “scontro di civiltà all'interno dello stesso Occidente”xxxii Tornano prepotentemente al centro della scena politica i discorsi sulla biografia e sulla biologia, sul confine tra le due, che ancora una volta deve essere oltrepassato e ridisegnato in un'ottica di continuo confronto tra diverse “visioni del diritto”. Il bios, dunque, torna ad essere centrale nella discussione giuridicaxxxiii. E cosi “discutiamo di biopolitica, bioetica, biodiritto. Compaiono poi la biocittadinanza dei diritti e la biocittadinanza globale e soprattutto il biocostituzionalismo”xxxiv: in quest'ultimo termine si coglie una chiara indicazione, perché le operazioni giuridiche volte a scrivere il palinsesto della vita vengano sottratte a ipoteche naturalistiche e fondate invece sulla costruzione di un insieme di principi di riferimento. Dal paradigma giuridico che decide sulla vita si passa al paradigma biologico che pone dei limiti invalicabili alla scelta giuridica. La sfera dell'indecidibile viene così ampliata rimodellando la dimensione dei nuovi diritti che lo “sfaccettarsi dinamico della realtà” ci consegnaxxxv. Come in un quadro di Bacon il soggetto astratto, retaggio del formalismo positivistico, perde il suo volto riconoscibile, lasciandoci di fronte il problema della figura attratta nella realtà. È così rimarcato il passaggio dal soggetto astratto alla personaxxxvi. I nuovi diritti si legano indissolubilmente al costituzionalismo dei bisogni, dove è solo grazie ai principia iuris che i sistemi giuridici sono essere in grado di prendere in considerazione “i casi della realtà”, di mimare sostanzialmente la realtà materiale. Si coglie qui un altro passaggio fondamentale dalla scientia iuris alla juris prudentia, dalla razionalità formale alla razionalità materiale, orientata cioè ai contenuti, dalla ratio speculativa alla ratio practicaxxxvii.

Nuovi casixxxviii sorgono da nuove rivoluzioni, da quella biologica a quella tecnologica; nuovi “soggetti di diritto”, dalla persona alla macchina, pongono nuove esigenze regolative che esercitano pressione sul diritto, imponendo ai sistemi giuridici, in generale, e ai giudici, in particolare, non solo e non tanto di registrare e rispecchiare, quanto di comprendere e risolvere i problemi giuridici che la “vitalità sociale” pone di fronte alle istituzioni.

 

 

PARTE 3. CONCLUSIONI

Politica dei diritti come unica politica possibile. Per un costituzionalismo polemico.

 

Quanto e come incide la storicità dei diritti, vecchi e nuovi, nei confronti di poteri che abbiamo visto essere ormai “sganciati” dalle vecchie logiche ancorate alla categoria di sovranità? Una volta compresa la separazione dei diritti dalla leggexxxix e il “falso rischio” di un governo dei giudici, occorre concentrarsi sul rapporto tra diritto, potere e diritti.

La lotta per i diritti deve farsi politica dei diritti, il costituzionalismo deve farsi polemico, deve cioè tornare a confrontarsi con il potere e con le sue articolazionixl. Ma quali sono oggi le categorie che rendono possibile un'effettiva analisi del potere?xli Ecco che le “categorie del politico” fanno i conti con il nuovo ambiente tecnologico e con una costruzione del diritto “per espansione, orizzontale”xlii grazie alla quale anche “la critica di chi descrive un mondo senza centro dov'è preclusa la possibilità di garanzie comuni, ma pure lo scetticismo di una cultura giuridica che non trova nella dimensione globale una concreta possibilità di rendere effettivi i diritti”xliii può far spazio a nuove realtà.

I “diritti di carta”xliv non devono far sì che la misurazione dell'effettività possa essere affidata solo alla categoria della “giustiziabilità”, ovvero del giudice a Berlino. Oggi si assiste infatti all'emersione di iniziative, che, partendo dalla società civile e avendo come riferimento documenti internazionali, riescono a rendere concrete le garanzie; a soggettività collettive che grazie ad azioni informali svolte su scala globale rendono possibili sanzioni non formalizzatexlv. Ecco infine che la politica, come politica dei diritti, si fa potente e complementare strumento nella garanzia e nell'ampliamento del catalogo dei diritti.

 

 

Note:

i Rodotà pp. 3

ii Idem.

iii Idem pp.4

ivNato a Cosenza nel 1933, Stefano Rodotà si è laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", dove attualmente è Professore ordinario di Diritto civile. È stato deputato al Parlamento dal l979 al l994, eletto prime nelle liste del PCI (come indipendente di sinistra) e poi in quelle del PDS. Dal 1983 al 1994 è stato membro dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Sempre in sede europea partecipa alla scrittura della Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea. Dal 1997 al 2005 è stato il primo Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, mentre dal 1998 al 2002 ha presieduto il gruppo di coordinamento dei Garanti per il diritto alla riservatezza dell'Unione europea. È stato inoltre componente del gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie e presidente della commissione scientifica dell'Agenzia europea dei diritti fondamentali. 

vRodotà pp.6

viTarantino, pp. 60

viiRodotà pp. 162

viiiRodotà.

ixIdem.

xZagrebelsky pp. 7

xiIdem.

xiiPer Rodotà tale processo può avvenire solo “mimando” i dati della realtà, i rapporti nella loro materialità, la persona nella sua concretezza, attraverso un modello di organizzazione sociale dei diritti.

xiiiZagrebelsky 155

xivPino 144 “Le posizioni coerentiste sostengono, o più spesso semplicemente assumono, che il diritto nello Stato Costituzionale sia […] governato da pochi valori fondamentali armonici o facilmente armonizzabili, o anche da un solo valore fondamentale e apicale.

xvEcco allora che la specificità del modello europeo viene indicata nella “collocazione orizzontale” di questi ultimi, resa puntuale dal testo e dalla struttura della Carta Nell'elaborazione della Carta si scorge un intento preciso: contestare uno statuto teorico che confinava i diritti sociali in una condizione di minorità rispetto agli altri, subordinandoli alla logica del mercato. Nel suo Preambolo si afferma che “l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà”. Un intento confermato poi dalla struttura della Carta che abbandonando le precedenti gerarchizzazioni comprende nel concetto di indivisibilità, oltre ai diritti sociali, anche i diritti legati all'innovazione scientifica e tecnologica, alla tutela dell'ambiente, allo sviluppo sostenibile, ossia i diritti di quarta e quinta generazione.

xviRodotà. La narrazione dei diritti parte dalla persona, non dal soggetto astratto, non dall'individuo e men che meno dal consumatore, e approda al riconoscimento di diritti indivisibili. 

xviiPino pp. 12 “I diritti fondamentali sono diritti soggettivi che sono attribuiti, riconosciuti, istituiti e garantiti da norme fondamentali, ossia da norme a cui è riconosciuto nella cultura giuridica di riferimento valore fondamentale”. Il tratto caratteristico del neocostituzionalismo, su cui Rodotà fonda la sua riflessione, concepisce i diritti come “parte integrante del diritto positivo” dovendo essere inoltre “circondati da una serie di garanzie specificamente giuridiche”.

xviiiLa Carta dei diritti dell'Unione europea firmata a Nizza nel 2000 e divenuta giuridicamente vincolante nel 2009 segna l'adeguarsi della dimensione dei diritti ad una nuova geografia giuridica, dove i vincoli del tempo e dello spazio sono “cancellati”.Il movimento verticale deve andare dalla lotta nello spazio locale per far approdare i diritti nelle carte regionali. Partendo dunque in primis dallo spazio dell'Europa, ma più in generale delle unioni regionali, il più consono a rappresentare la centralità dei diritti a discapito di quella che qualcuno ha definito la “fine del territorio giacobino” circondato da sicuri confini e governato da un unico centro.

xixRodotà. Da qui si assiste ad una ridefinizione delle fonti delle regole. Grazie ad un intreccio politico ed istituzionale multilivello, neomedioevalista, si spezza l'autoreferenzialità dell'agire economico e si permettono nuove forme di controllo fondate su una legittimità costituzionale transnazionale. La Corte di Giustizia si appresta ad essere la Corte costituzionale dell'Unione europea. Conclude questo percorso la collocazione della Carta dei diritti fondamentali al di fuori del Trattato di Lisbona che permette di guardare ad essa come ad un vero Bill of rights, sottraendola alle vicende mutevoli della politica e consegnandocela come vero elemento di stabilizzazione dell'intero sistema costituzionale 

xxRodotà pp.62

xxiIdem.

xxiiZagrebelsky. Meglio noto come Stato Costituzionale, in cui dalla mera garanzia legislativa dei diritti si giunge alla fondazione della stessa democrazia nello spazio dei diritti fondamentali. 

xxiiiRodotà pp. 60

xxivRodotà pp. 67

xxvIdem. Si assiste così ad un rinnovato modo d'essere degli stessi sistemi giuridici democratici che incorporano “l'eresia del giudice delle leggi, la bizzarria delle corti costituzionali” rinnovando così la “classicità immobile” dell'antico schema della divisione dei poteri.

xxviRodotà pp.60

xxviiIdem.

xxviiiRodotà pp. 96

xxixIdem “È solo ragionando all'interno di questa cornice che l'espressione del “governo dei giudici” può essere adoperata “non più con l'accento di chi segnala un rischio, ma come realistica constatazione del fatto che vi sono processi che proprio la presenza del giudice consente di mantenere all'ombra della legge, evitando così che piombino nell'area governata soltanto dalla forza”.

xxx Rodotà. Siamo all'interno dello Stato costituzionale, non più ordinato verticalmente, ma nei quali legislazione e giurisdizione sono entrambe egualmente legate alla Costituzione, norma primaria e suprema.

xxxiiIdem.

xxxiiiRodotà pp.251 Foucault insiste particolarmente sulla radicalità di questo passaggio: “Se la biologia era sconosciuta, era per una ragione assai semplice: la vita stessa non esisteva. Esistevano soltanto esseri viventi: apparivano attraverso una griglia del sapere costituito dalla storia naturale”. Si è dunque potuto concludere che la vita è un'invenzione recente. Tuttavia è opportuno sottolineare come l'associazione “biologia/vita possa spingere verso un pericoloso riduzionismo, identificando appunto la vita con il suo sostrato biologico, tralasciando i rapporti che implicano pure una ridefinizione del ruolo del diritto nell'età tecnologica”.

xxxivRodotà pp.252

xxxvRodotà. Diritti riproduttivi, diritti genetici, diritti delle persone LGBT, communication rights; diritto alla protezione dei dati personali, proiettato aldilà della dimensione tradizionale della privacy e che investe l'insieme delle relazioni personali e sociali, ridefinendo i rapporti tra sfera privata e sfera pubblica; diritto all'esistenza, quasi una sintesi dei problemi e delle difficoltà del vivere.

xxxviRodotà. Dal soggetto come mero centro di imputazione di situazioni giuridiche alla persona come via per il recupero integrale dell'individualità e per l'identificazione di valori fondativi del sistema; da una nozione che predicava l'indifferenza più che la neutralità a una che si fa tramite dei dati di realtà; da un concetto fissato una volta per tutte a una struttura giuridica che accompagna lo sviluppo della personalità da una situazione di separazione a una di condivisione; da una fondazione metafisica a una realistica.

xxxviiZagrebelsky pp. 168

xxxviiiZagrebelsky pp. 187 “Il caso è da intendersi non come avvenimento storico nella sua consistenza meramente effettuale (ammesso che sia possibile una conoscenza della realtà avente questo carattere “bruto”). Il caso, per il giudice e per la scienza giuridica, è essenzialmente un accadimento problematico che solleva la questione di come reagire ad esso, di come risolverlo nei termini del diritto”.

xxxixZagrebelsky pp.57 “Il grande compito delle costituzioni contemporanee sta nella capitale distinzione tra la legge, come regola posta dal legislatore, e i diritti umani, come pretese soggettive assolute, valide di per sé, indipendentemente dalla legge”.

xlLuciani.

xliRodotà pp. 57

xliiRodotà pp. 426

xliiiRodotà pp. 425

xlivRodotà pp. 100

xlvRodotà pp. 48 “Non è un allegro post-modernismo a dover essere assunto come bussola, invocando istituzioni che si facciano comunque attraversare dalla realtà. Non è una “leggerezza” della regola giuridica a dover essere presa in considerazione. È, invece, proprio alle funzioni alle quali concretamente adempiono le istituzioni che deve essere rivolta l'attenzione. La dimensione dei diritti, quindi, non può essere disgiunta da una considerazione della materialità delle condizioni delle persone, dunque dal confronto continuo tra la promessa dei diritti e gli effetti che essa produce.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Rodotà, Stefano. 2012. Il diritto di avere diritti. Roma – Bari: GLF Laterza Editore.

 

Zagrebelsky, Gustavo. 1992. Il diritto mite. Torino: Giulio Einaudi Editore.

 

Pino, Giorgio. 2010. Diritti e interpretazione. Il ragionamento giuridico nello Stato Costituzionale. Bologna: il Mulino.

 

Tarantino, Maria Lucia. 2010. Istituzionalismo e neoistituzionalismo. Questioni e figure. Milano: Giuffré.

 

Luciani, Massimo. 2006. Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico. In “Giurisprudenza costituzionale”.