L’impatto delle concezioni della costituzione sulle argomentazioni dei giuristi: analisi di “Tre Concezioni della Costituzione” di Giorgio Pino

ABSTRACT: In che modo la concezione della costituzione influisce sulle attività dei giuristi? In questo articolo ricostruiremo il ragionamento del Prof. Giorgio Pino in “Tre concezioni della Costituzione”, analizzando le concezioni della costituzione proposte da Pino - come limite, come fondamento e come assiologia - e l’impatto di queste sull’interpretazione ed applicazione delle norme costituzionali. Confronteremo inoltre queste analisi con quelle, non sempre concordi, di altri autori.

I diritti costituzionali sono garantiti anche nei rapporti tra privati cittadini? Qual è il ruolo del legislatore?

In “Tre Concezioni della Costituzione”[1], Giorgio Pino, professore dell’Università di Palermo, risponde a questi interrogativi, mostrando come la Teoria del Diritto, ed in particolare il modo di concepire la costituzione, abbia un impatto decisivo sulle attività dei giuristi.

Dopo una breve ricostruzione delle possibili concezioni della costituzione proposte da Pino, ci attarderemo sugli effetti che tali concezioni hanno sulle argomentazioni dei giuristi; infine, ci interrogheremo sulla compresenza o meno delle tre concezioni della costituzione e delle relative ricadute pratiche in relazione ad uno specifico contesto storico-giuridico.

 

  1. I tre modelli di costituzione di Pino

            Il punto di partenza dell’analisi di Pino è la descrizione di 3 modi di intendere la parte sostanziale della costituzione: la costituzione come limite (modello per regole), come fondamento (modello per principi) e come assiologia (modello per valori).

            Questi modelli si inseriscono nel segno di indagini svolte in precedenza da altri autori, taluni dei quali hanno utilizzato le medesime categorie, come Zagrebelsky[2] e Tarello.

Occorre tuttavia sottolineare che spesso questi lavori mancano della organicità dell’analisi di Pino, come l’analisi di Tarello[3], che ha una minore ampiezza, specie con riferimento al modello della costituzione come assiologia. Altri autori, come Comanducci[4] si sono soffermati sulle ricadute della concezione della costituzione sulle attività applicative ed interpretative dei giuristi, ma adottando modelli di costituzione diversi da quelli di Pino.

Peraltro, come vedremo, le riflessioni di Pino, pur incentrate sulla cultura giuridica italiana degli ultimi 40 anni, trovano riscontro in altre culture giuridiche.

            Chi adotta la concezione della costituzione come limite considera, con le parole di Pino, la costituzione “come una cassaforte”: i beni che vi sono contenuti sono protetti dalla mutevole “quotidiana politica maggioritaria”. Il legislatore non può intervenire in senso restrittivo sui beni contenuti nella costituzione, che rientrano dunque, citando Ferrajoli, nella “sfera dell’indecidibile”[5].

Anche Tarello si pone su questa linea: “la normazione infra-costituzionale dispiega la sua validità (…) fino al punto in cui lede un interesse costituzionalmente tutelato”[6].

            Al contrario, chi aderisce alla concezione della costituzione come fondamento ritiene che le norme costituzionali siano la base dell’ordinamento giuridico: in altre parole, ogni regola infra-costituzionale nasce e deve essere conforme al “progetto di società” contenuto nella costituzione.

            Il terzo modello ricostruito da Pino è quello che vede la costituzione come assiologia, ovvero come “espressione di un insieme di valori”. Il concetto di “valore” è centrale, perché la costituzione è, in questo senso, unicamente un indizio dei valori ad essa sottostanti. Sono proprio questi valori, e non il testo costituzionale in sé, di cui i giuristi si dovranno servire nelle loro argomentazioni.

Questa teoria non è diffusa unicamente in Italia, ma anche in Germania, la cui Corte Costituzionale ha sviluppato la “objektive Wertordnung”, ben analizzata da Alexy[7].

            L’interesse del saggio di Pino risiede nel fatto che le concezioni della costituzione appena delineate non hanno una rilevanza meramente teorica e classificatoria. Al contrario: ogni concezione della costituzione determina particolari tecniche interpretative e argomentative e, viceversa, l’uso da parte dei giuristi di una specifica tecnica interpretativa è indice della concezione della costituzione da essi abbracciata.

 

  1. Interpretazione e applicazione della costituzione alla luce delle concezioni della costituzione

 

  1. Le ricadute della concezione della costituzione sulla formulazione delle norme

            Il primo e forse più evidente impatto della concezione della costituzione sull’attività dei giuristi riguarda la formulazione delle norme stesse.

            In effetti Pino nota che se la funzione della costituzione è quello di limite, il diritti ivi contenuti dovranno essere formulati in maniera chiara, precisa, ben delimitata: saranno cioè considerati regole. Al contrario, adottando la concezione della costituzione come fondamento, le disposizioni saranno vaghe, generiche ed indeterminate: saranno analizzate come principi.

            Pino avverte però che questi criteri distintivi sono solo “un’indicazione di massima”: in effetti, è l’interprete a decidere se qualificare una norma come regola o come principio.

La distinzione tra regole e principi è oggetto di vasta letteratura. Diversi autori concordano con Pino, ma aggiungono ulteriori tratti distintivi: ad esempio Zagrebelsky[8] sottolinea che se alle regole si obbedisce, ai principi si può unicamente aderire.

            Pino infine mostra che coloro che abbracciano la concezione assiologica si interrogano sulla provenienza dei valori sottostanti alle norme costituzionali. Diversi autori ritengono che i valori rilevanti siano solo quelli desumibili dal testo costituzionale: ad esempio, per Pace e Azzariti vanno considerati unicamente i “valori secolarizzati nel testo della Costituzione”[9].

            La distinzione tra principi e valori, non particolarmente definita nel saggio, è invece stata esplicitata da Alexy[10], riprendendo una classificazione di von Wright[11]: mentre i principi sarebbero riconducibili ad un concetto deontico (di obbligo o dover essere) di base, i concetti assiologici hanno alla base un bene.

            Pino dunque mostra chiaramente che i giuristi - influenzati da una delle concezioni della costituzione - giocano un ruolo fondamentale nella formulazione delle norme.

            Questo punto è confermato da Gianformaggio[12], che ritiene che “la differenza tra regola e principio emerga solo nel momento della interpretazione-applicazione” e da Zagrebelsky[13], secondo cui principi, valori e regole “non è per il contenuto che (…) devono essere distinti ma per il modo in cui sono presi in considerazione”.

 

  1. Le ricadute della concezione della costituzione sulle tecniche interpretative

            Nell’argomentare, il giurista che aderisca al modello per regole utilizzerà delle tecniche interpretative idonee a delimitare l’ambito di applicazione e le conseguenze giuridiche delle norme costituzionali, ricorrendo dunque alla formulazione letterale o ad una interpretazione restrittiva.

            Al contrario, chi aderisce alla concezione della costituzione come fondamento adotterà un’interpretazione espansiva, cioè evolutiva e analogica.

            Il confronto risulta più difficile con le tecniche interpretative dei sostenitori della concezione assiologica. L’autore stesso infatti sottolinea che “non è facile trarre precise direttive interpretative”. In linea di massima tuttavia, secondo Pino, i sostenitori di questa tesi compiono una “iper-interpretazione delle disposizioni che racchiudono un valore”: Tuttavia, data la presenza di più valori, l’interpretazione includerà dei limiti ai valori, “ragionevol[i] alla luce di altri valori”. Pino in definitiva rileva che la ragionevolezza, vero e proprio canone generale di interpretazione costituzionale, è proprio ciò che contraddistingue questa concezione.

            In realtà, come sottolinea Gianformaggio[14], il significato di interpretazione della costituzione è ampio: “insieme dei procedimenti mediante i quali i giuristi (…) ricavano norme dalle disposizioni costituzionali” ma anche “attribuzione di una funzione, di un valore (…) specifico alla costituzione”. Pertanto, non è possibile una netta cesura tra piano applicativo, interpretativo e forma delle norme.

 

  1. Le ricadute della concezione della costituzione sul piano applicativo

            L’impatto della concezione della costituzione sull’applicazione della stessa da parte dei giuristi è il punto centrale del saggio di Pino.

            L’autore rileva che seguendo il modello per regole, la costituzione è applicata solo quando è flagrantemente violata dall’azione del legislatore e solo da parte del giudice costituzionale.

Per Pino, gli altri attori non applicheranno dunque la costituzione: il legislatore si muove in uno spazio “costituzionalmente indifferente”, non essendo vincolato dalla costituzione, se non nell’astensione dal ledere i beni garantiti; i giudici ordinari potranno invece intervenire unicamente in via ancillare, ossia segnalando al giudice costituzionale le violazioni del legislatore.

Tuttavia, altri autori apparentemente fautori della tesi della costituzione come limite, tra cui Pace, ritengono possibile la “competenza dei giudici comuni”[15] in materia costituzionale.

            Al contrario, nel modello per principi la costituzione ha forza espansiva: questo porta i giuristi a colmare gli “spazi costituzionalmente vuoti” usando i principi costituzionali in ogni contesto. Una simile immagine della costituzione è proposta da Favoreu, ripreso da Guastini, che parla di costituzione “pervasiva, invadente, debordante”[16].

            Ne consegue che i principi costituzionali permeeranno anche le relazioni tra privati (efficacia orizzontale o erga omnes). Guastini concorda che l’efficacia erga omnes, peraltro consolidata nelle pronunce delle corti costituzionale italiana[17] e tedesca[18], dipenda dalla concezione della costituzione[19].

            Di più: tutti prenderanno parte attiva nella realizzazione del progetto costituzionale. Si parla di “costituzionalizzazione dell’ordinamento”, espressione di Guastini[20] che indica la tendenza dell’ordinamento a diventare “totalmente impregnato dalle norme costituzionali”.

Il legislatore dunque non sarà limitato, ma guidato dalla costituzione; al contempo, anche i giudici, specie ordinari, applicheranno la costituzione (applicazione diretta), per colmare lacune o dare nuove letture di istituti esistenti. I giuristi metteranno in atto una ponderazione, bilanciando i principi suscettibili di applicazione.

            Il ruolo attivo dei giudici ordinari, non è tuttavia privo di rischi, come sottolinea Tarello[21], che mette in guardia da “un alto grado di instabilità nella organizzazione giuridica e una notevole incertezza del diritto”.

            Infine, il fatto di considerare la costituzione come un ordine assiologico porta dirompenti conseguenze in ambito applicativo.

            Pino si sofferma in particolare sulla possibilità di individuare, a partire dal complessivo ordine di valori, una gerarchia tra principi costituzionali e alcuni principi costituzionali supremi.

            Il ruolo di questi principi, considerati inviolabili, rileva Pino concordando con Razzano[22], è di limite alle incursioni di altri ordinamenti (come quello europeo) e alla revisione costituzionale[23].  L’esistenza e il ruolo di questi principi sono corroborati dalle pronunce di varie corti costituzionali, tra cui quella italiana[24].

            Se il ruolo dei principi costituzionali supremi è pacifico, desta perplessità la loro prevalenza in caso di conflitto con altre norme costituzionali.

Pino disconosce l’esistenza di un ordine gerarchico rigido tra principi costituzionali, come del resto anche Guastini, che aveva preconizzato una “gerarchia assiologica” mobile tra i valori.

Pino ne deduce che la “garanzia supercostituzionale” si risolve unicamente in una “presunzione di maggiore importanza del principio supremo”, e non nel totale divieto di interferenze con lo stesso. In questo Pino concorda con Modugno, che infatti parla di primazia e sottolinea che la flessibilità dei principi supremi si traduce nella incidentalità del giudizio costituzionale[25].

            Pino non si sofferma però sui rischi del bilanciamento tra i valori - necessario per la loro applicazione - in assenza di una gerarchia fissa. Come invece rileva Comanducci[26], “la scelta (…) di non istituire esplicite gerarchie tra principi (…) comporta l’attribuzione ai giudici costituzionali di un margine tanto ampio di discrezionalità da (…) farne un coautore della costituzione stessa”. Lo stesso rischio è avvertito da Alexy[27]: in assenza di una gerarchia tra valori, le decisioni della Corte sarebbero cioè private di reale giustificazione e finirebbero per essere una “copertura per il decisionismo giudiziario[28]. Questo rischio è percepito anche da Pace, che considera l’interpretazione per valori irrazionale, in quanto “finisce (…) per dar spazio alle opinioni soggettive dell’interprete”[29].

           

  1. Indipendenza e compresenza dei modelli della costituzione nell’attività dei giuristi

            L’autore si interroga infine se i giuristi aderiscano ad una sola concezione della costituzione o ne seguano allo stesso tempo più di una.

            La conclusione di Pino è nel senso della compresenza di più modelli di costituzione: tutte e 3 le concezioni sono oggi contestualmente rintracciabili nella cultura giuridica italiana.

Di più: l’assenza di una cesura netta non riguarda solo la simultanea applicazione di più concezioni, ma i caratteri delle concezioni stesse. Un giurista può adottare un modello per guardare ad alcune norme della costituzione e un altro modello per guardarne ad altre.

Pino riconosce dunque che i 3 modelli presentati nel saggio non sono “tre monoliti”. Possono esserci infatti “commistioni, combinazioni, sovrapposizioni, zone grigie” tra le concezioni della costituzione presentate e le relative conseguenze interpretative/applicative. Questo è evidente circa alcune tecniche interpretative, a metà strada tra due modelli, come il bilanciamento, presente tanto nel secondo e nel terzo modello.

            Questa soluzione è condivisa da altri autori, tra cui Gianformaggio[30] e Comanducci[31], che non ritiene “compito di chi fa teoria del diritto” scegliere tra i vari modelli di costituzione e dunque di interpretazione costituzionale.

            Alcuni autori si sono spinti oltre, rinvenendo un collegamento tra regole, principi e valori: Zagrebelsky[32] parla di “una sequenza di inferenze” (“non c’è regola che non risponda a un principio e non c’è un principio che non rinvii a un valore”).

            Il dato è infine corroborato da Carlo Mezzanotte[33], ex-giudice costituzionale, che ha affermato che la Corte a seconda dei casi sceglie il metodo interpretativo (e quindi, nell’ottica di Pino, la concezione della costituzione ivi correlata) più funzionale alla decisione.

            L’autore infine si domanda se l’adozione di uno dei 3 modelli descritti possa garantire una maggiore “normatività della costituzione”, ovvero possa rendere la costituzione maggiormente vincolante. Pino giunge alla conclusione che - almeno nel contesto italiano - il secondo modello garantisce una maggiore forza precettiva della Costituzione.

La preferenza del modello per principi è condivisa da altri autori, tra cui Zagrebelsky[34], che parla di “principalismo giuridico in antitesi al normativismo classico”, sottolineando come “il diritto per principi soverchia ormai (…) il diritto per regole (…) [che è invece] non idoneo a governare i dissensi”. Peraltro, Zagrebelsky riconduce la prevalenza di questa concezione della costituzione al pluralismo della società moderna, tipico dunque non solo dell’Italia.

Non mancano tuttavia voci discordanti, quali Pace, che afferma che “la vera, grande sfida che si pone oggi al costituzionalismo è quella di (…) di riaffermare la propria identità originaria di teoria giuridica dei limiti del potere politico”[35], ritenendo che “ciò che fa del nostro ordinamento costituzionale una democrazia pluralista sono le puntuali regole”[36].

            Quale che sia il modello più adatto, una cosa è chiara: l’attività dei giuristi è inscindibile dalle concezioni della costituzione.

 


[1]                     Giorgio Pino, Tre concezioni della costituzione, Rivista di Teoria e Critica della Regolazione Sociale (2015)

[2]                     Si veda per un esempio Gustavo Zagrebelsky, Il diritto come dimensione del vivere comune, 91 (Torino, Einaudi, 2009)

[3]                     Giovanni Tarello, L’interpretazione della legge, 327 ss. (Milano, Giuffrè, 1980)

[4]                     Paolo Comanducci, Interpretazione della costituzione, in Assaggi di Metaetica Due (Paolo Comanducci ed., Torino, Giappichelli, 1998)

[5]                     Luigi Ferrajoli, La democrazia attraverso i diritti, 48 (Roma, Laterza, 2013)

[6]                     Giovanni Tarello, L’interpretazione della legge, 335 (Milano, Giuffrè, 1980)

[7]                     Robert Alexy, Teoria dei diritti fondamentali, 162-195 (Bologna, Il Mulino, 2012)

[8]                     Gustavo Zagrebelsky, Le droit en douceur, 104 (Michel Leroy trans., Presses universitaires d'Aix-Marseille Economica, 2000)

[9]                     Gaetano Azzariti, Interpretazione e teoria dei valori: tornare alla Costituzione, in L’interpretazione della legge alle soglie del XXI secolo, 238 (Napoli, 2001)

[10]                  Robert Alexy, Teoria dei diritti fondamentali, 163 (Bologna, Il Mulino, 2012)

[11]                  Georg Henrik von Wright, The logic of preference, 7 (Edinburgh University Press, 1963)

[12]                  Letizia Gianformaggio, L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole ed argomentazione basata su principi, in Filosofia del diritto e ragionamento giuridico, 179 (Enrico Diciotti e & Vito Velluzzi eds., Torino, Giappichelli, 2008)

[13]                  Gustavo Zagrebelsky, Il diritto come dimensione del vivere comune, 92 (Torino, Einaudi, 2009)

[14]                  Letizia Gianformaggio, L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole ed argomentazione basata su principi, in Filosofia del diritto e ragionamento giuridico, 173 (Enrico Diciotti & Vito Velluzzi eds., Torino, Giappichelli, 2008)

[15]                  Alessandro Pace, Interpretazione costituzionale e interpretazione per valori, in Interpretazione costituzionale, 109 (Gaetano Azzariti ed., Torino, Giappichelli 2007)

[16]                  Louis Favoreu, La constitutionnalisation du droit, in La constitutionnalisation des branches du droit (Bertrand Mathieu & Michel Verpeaux eds., Paris, Economica, 1998)

[17]                  Riccardo Guastini, L’interpretazione dei documenti normativi, 308 (Milano, Giuffrè, 2004)

[18]                  Robert Alexy, Teoria dei diritti fondamentali, 556 (Bologna, Il Mulino, 2012)

[19]                  Riccardo Guastini, L’interpretazione dei documenti normativi, 307 (Milano, Giuffrè, 2004)

[20]                  Riccardo Guastini, Lezioni di teoria del diritto e dello stato, 239 (Torino, Giappichelli, 2006)

[21]                  Giovanni Tarello, L’interpretazione della legge, 337 (Milano, Giuffrè, 1980)

[22]                  Giovanna Razzano, Il parametro delle norme non scritte nella giurisprudenza costituzionale, 23-36 (Milano, Giuffrè, 2002)

[23]                  Si veda in merito la sentenza 1146/1998, in cui si legge che “la Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali”.

[24]                  Corte Costituzionale della Repubblica Italiana, sentenza 1146/1988

[25]                  Domenico Modugno, I nuovi diritti nella giurisprudenza costituzionale, 100 (Torino, Giappichelli, 1995)

[26]                  Paolo Comanducci, Interpretazione della costituzione, in Assaggi di Metaetica Due, 122 (Paolo Comanducci ed., Torino, Giappichelli, 1998)

[27]                  Si veda in particolare, oltre a Robert Alexy, Teoria dei diritti fondamentali, 172 (Bologna, Il Mulino, 2012), anche il caso Luth (BverfGE 7, 198 - 205)

[28]                  Robert Alexy, Teoria dei diritti fondamentali, 175-176 (Bologna, Il Mulino, 2012)

[29]                  Alessandro Pace, Interpretazione costituzionale e interpretazione per valori, in Interpretazione costituzionale, 98 (Gaetano Azzariti ed., Torino, Giappichelli 2007)

[30]                  Letizia Gianformaggio, L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole ed argomentazione basata su principi, in Filosofia del diritto e ragionamento giuridico, 178 (Enrico Diciotti e & Vito Velluzzi eds., Torino, Giappichelli, 2008)

[31]                  Paolo Comanducci, Interpretazione della costituzione, in Assaggi di Metaetica Due, 121 (Paolo Comanducci ed., Torino, Giappichelli, 1998)

[32]                  Gustavo Zagrebelsky, Il diritto come dimensione del vivere comune, 97 (Torino, Einaudi, 2009)

[33]                  Carlo Mezzanotte, Tecniche argomentative e diritti fondamentali (Seminario presso l’Università Luiss, Roma, 6 maggio 2005)

[34]                  Gustavo Zagrebelsky, Il diritto come dimensione del vivere comune, 91 (Torino, Einaudi, 2009)

[35]                  Alessandro Pace, Le sfide del costituzionalismo nel XXI secolo, Diritto pubblico, 900 (2003)

[36]                  Alessandro Pace, Interpretazione costituzionale e interpretazione per valori, in Interpretazione costituzionale, 91 (Gaetano Azzariti ed., Torino, Giappichelli 2007) 

 

Bibliografia

 

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